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L’ottimismo è il profumo della salute!

Da molti anni la ricerca fornisce dati che dimostrano come uno stato emotivo positivo, possa avere un effetto benefico nei confronti della salute fisica.

In un importante libro di C.Peterson, Professore di Psicologia all’Università del Michigan, si parla di uno studio in cui è stato valutato il livello di ottimismo di 122 uomini che avevano subito un infarto. Dopo 8 anni si notò  che nel gruppo di 25 uomini con il minor livello di ottimismo, 21 erano morti, mentre in quello dei 25 più ottimisti ne erano morti solo 6.

Potremmo pensare che sia solo un caso ma si ipotizza che il potere della mente degli uomini rimasti in vita, sia stato così determinante da predominare su qualsiasi altro fattore di rischio come il colesterolo e la pressione del sangue alta.

Un altro articolo interessante è stato pubblicato dalla rivista “Journal of Personality and Social Psychology”, nel 1991. Si tratta di uno studio sul recupero funzionale di persone rimaste paralizzate per lesioni al midollo osseo, in cui i ricercatori notarono che: i soggetti più fiduciosi, riuscirono ad avere un recupero maggiore rispetto a quelli che, a parità di lesione, si erano scoraggiati.

Così come l‘ottimismo migliora le possibilità di guarigione, anche uno stato depressivo potrebbe aggravare l’andamento di alcune patologie.
In un articolo pubblicato nel periodico “Epidemiology“, su 2832 uomini e donne di mezza età, Il 3% erano stati diagnosticati come gravemente depressi. Queste persone sono state prese in esame per dodici anni, a conclusione dei quali si è notato che quelle più depresse avevano un rischio di morte per cardiopatia 4 volte superiore a quelle non depresse.

Come scritto nel famoso libro “Intelligenza Emotiva” di Daniel Goldman, molto spesso “la natura della correlazione fra l’emozione e le condizioni fisiche dipende dall’atteggiamento mentale della persona più che da cause biologiche”, infatti, una persona poco motivata a guarire, tende ad attenersi meno alle indicazioni dei medici, difficilmente prende i farmaci in maniera corretta e raramente fa attenzione alla dieta prescritta. Tutto ciò pone questi individui in una condizione di maggiore rischio.

In che modo possiamo avere uno stato “positivo” nel percorso terapeutico?

Ti sarà sicuramente capitato di trovarti nel traffico mentre eri in ritardo per un appuntamento e mentre eri in largo anticipo. Ti ricordi come hai reagito nei due casi? In maniera totalmente opposta: nel primo caso ti sarai infuriato, nel secondo caso non hai dato peso alla cosa, anzi se avevi qualcuno con te in macchina hai colto l’occasione per fare due chiacchiere.

Lo stesso accade nei confronti delle patologie o dei traumi che subiamo: si può reagire in modo diverso a seconda dello stato emotivo in cui si vive, e il fisioterapista può aiutare il proprio paziente a raggiungere uno stato emotivo positivo, che è sicuramente più funzionale per migliorare la sua situazione.

Durante la mia formazione in PNL – Psicologia Neurolinguistica ho studiato che esistono tre elementi che definiscono lo stato emotivo in cui viviamo: il linguaggio, la fisiologia e il focus.

  • Il linguaggio: il linguaggio che utilizziamo è fondamentale perché è una decodifica di ciò che proviamo. È molto importante che i pazienti siano consapevoli delle parole che scelgono e essere seguito da un fisioterapista che possa aiutarli in questo si traduce in un notevole aiuto per accedere ad uno stato migliore. Vuoi un esempio rapido? Se avessi un dolore al ginocchio, preferiresti definirlo una “questione da risolvere” o un “problema”? Si tratta di due modi diversi di definire lo stesso concetto, ma sicuramente il primo ti aiuterà ad accedere ad uno stato più funzionale rispetto al secondo!
  • La fisiologia: con questo termine si fa riferimento a tutti i cambiamenti chimici e ormonali che può subire il nostro organismo. Oltre ai farmaci sappiamo che  la postura che assumiamo e il movimento che effettuiamo possono cambiare la nostra fisiologia. Se è vero che in stati depressivi si tende ad assumere una postura chiusa con il dorso flesso, il capo verso il basso e le spalle intraruotate, è stato studiato che è vero anche il contrario ossia che una postura aperta comporta maggiore serenità , come il saluto al sole nello yoga, o la posizione che assumono i corridori quando tagliano il traguardo da vincitori (con le braccia aperte, e la testa rivolta verso l’alto). Ci sono molti studi a tal proposito, te ne cito uno pubblicato nel 2015 nella rivista “Health Psychology” in cui sono stati esaminati 74 partecipanti. Ad ogni partecipante è stata assegnata una postura e sono stati analizzati i valori di frequenza cardiaca, pressione del sangue, livelli di produzione dell’ormone dello stress, umore e autostima. Come immaginerai, i pazienti ai quali è stata assegnata una postura aperta mostravano livelli di umore e autostima migliori di quelli a cui era stata assegnata una postura chiusa.
  • Focus: sta ad indicare dove “focalizziamo” la nostra attenzione. Come fisioterapista potrei dirti che per una determinata condizione “l’80% dei pazienti sta meglio dopo 4 sedute” oppure che “il 20% dei pazienti non migliora dopo le 4 sedute”. Quali delle due espressioni ti farebbe vivere meglio e con maggiore speranza la tua situazione?

Oggi, le teorie che sembrano dimostrare l’influenza dell’atteggiamento mentale sulla salute sono in continua evoluzione e rimangono ancora molto discusse, nel dubbio vi consiglierei di affidarvi a mani esperte e mantenere un atteggiamento ottimista, di certo non presenta effetti collaterali .

Dott. Andrea Pettirossi

Bibliografia

-Chris Peterson et al., Learned Helplessness: A Theory for the Age of Personal Control, Oxford University Press, New York 1993.
– Negotiating reality after physical loss: Hope, depression, and disability.
-Robert Ande et al., <<Depressed Affect, Hopelessness, and the Risk of the Ischemie Heart Disease in a Cohort of U.S. Adults>>, Epidemiology, 1993.
-Daniel Goleman “Intelligenza Emotiva”.

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